domenica 16 febbraio 2014

[(s)Concerto poetico n. 198]

L’albergo aveva molte, moltissime stanze,
e parecchie, tra le stesse, erano le somiglianze.
Sulla porta, praticamente solo il numero
le distingueva, in quel complesso alberghiero.
Certo, erano ognuna ad un suo piano,
e pure le disposizioni nei corridoi diverse parevano.
Però, una volta entrati in una di esse,
sembrava che nulla di differente da un’altra ci fosse.
Le finestre erano tutte allo stesso modo orientate,
per cui, anche in quello, grosse differenze non venivano notate.
Ecco quindi perché accadde quello che successe
quando, ubriaco, Johnny nella sua stanza si diresse;
o almeno era quello che immaginava,
anche perché la sua chiave funzionava...
Era buio, ma lui la luce non accese,
perciò l’appartamento attraversò con le braccia protese.
Lo conosceva sicuramente a menadito;
direi in modo decisamente approfondito.
Per cui non c’era pericolo che inciampasse,
né che contro un muro si stampasse.
Raggiunse piano piano il grande bagno,
e qui espletò il suo… bisogno.
Poi, si diresse verso il letto,
sempre al buio, perché dal bagno era dirimpetto.
Si sistemò per bene sotto le coperte,
ma, con le palpebre semiaperte,
notò di fianco a lui un rigonfiamento
e, malgrado l’ubriacatura, si prese un bello spavento.
Piantò un urlo e accese la luce subito
e di colpo, dallo stordimento alcolico, fu uscito.
Perché dall’altra parte, appoggiato all’altro guanciale,
si trovava, sissignori, un altro ubriaco tal quale.
Dopo il primo spavento, e fatte le presentazioni,
capirono che entrambi avevano mancato le rispettive abitazioni.
E così, tornati insieme nel corridoio, e poi dati la buonanotte,
si diressero alle proprie stanze, mentre suonava la mezzanotte.
gp

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