venerdì 29 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 120]

30 novembre: 6 mesi son passati,
da quel giorno in cui sicuramente molti son nati.
Ma su uno oggi mi voglio soffermare,
e un poco qui starne a poetare.
Parlo di Thomas, nipotino diletto,
di cui in passato avete già letto.
E spero che quanto già visto vi sia piaciuto,
perché ora, che mezz’anno ha compiuto,
qualche informazione in più qui leggerete:
e poi, se vi piace, mi direte.
La sua faccina è sempre più tonda;
di certo, la mamma nel nutrirlo abbonda.
Ma è anche vero che urla, se non subito gliene dai,
e infatti mangia come se non lo facesse mai.
Sul suo grande (per ora) seggiolone,
pranza, cena e ci fa pure colazione.
Di omogeneizzati ne mangia quanti riesce,
e pare apprezzi pure il pesce.
Predilige comunque quelli con la frutta:
su pera e mela ci si butta.
Mangia anche minestrone e tapioca,
e quasi tutto quello che gli propina la cuoca.
Sempre più dritto riesce a stare;
sul dondolino ci sta, ma poco gli piace dondolare.
Pure nel box, coi suoi giochi viene messo;
quelli sonori o i libri di stoffa, che “legge” spesso.
Ma se lui è un poco triste o ammalato,
di stare in braccio a mamma sua non gli è negato.
Perché è ancora piccolo, ricordiamoci,
e che ci stia ancora qualche anno aspettiamoci.
Ed ecco quindi che festeggiamo questo suo mezzo anno,
poi però basta, almeno fino al compleanno… ^_-
gp

[(s)Concerto poetico n. 119]

Ci parlate, voi, col vostro animale?
Non intendo il coniuge, e non pensate male…
No, proprio col cane, il criceto, il coniglio o il gatto
(altri animali da soli mettete, così a far la rima non divento matto).
Insomma, quando siete a lui vicino,
vi capita di parlargli come fosse un bambino?
Cercate di spiegargli cosa fare,
e, per i suoi bisogni, dove andare?
Gli dite che, se fa ancora quella brutta cosa,
lo sbattete fuori casa, se solo osa?
O ancora, gli spiegate per benino
cosa deve fare una bestia a modino?
E poi, quando siete con lui da solo,
gli raccontate i fatti vostri, mentre vi guarda benevolo?
Dobbiamo capire, noi umani,
che loro non lo sono, ma solo gatti, uccelli o cani.
Possono starci, apparentemente, ad ascoltare perché ci amano,
e perché la nostra vicinanza (chissà perché) essi bramano.
Ma non è che veramente le nostre parole capiscono,
se non, come gli si dice le cose, il tono.
Sono affettuosi, fedeli e non sanno mentire;
spesso riescono anche, quel che cavolo vogliamo, a capire.
Scambiamo allora con loro molte coccole,
perché magari per noi sono bazzecole,
ma loro non chiedono altro, nella loro vita
che starci attaccati come una calamita.
E se un giorno scopriremo che veramente ci capivano,
beh, cambierebbe qualcosa, visto che incondizionatamente ci amavano?
gp

giovedì 28 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 118]

Il fiore, appena nato,
era da poco lì spuntato.
Aveva ancora la corolla chiusa,
per cui, di non vedere aveva la scusa.
Cresceva piano piano,
su quel gelido ripiano.
Sentiva il sole pallido
scaldarlo con un brivido.
Lo percepiva debole sulle foglie,
e un fiore, il calore con piacere accoglie;
ma lì ce n’era troppo poco.
Probabilmente, pensava, le nuvole lo rendevano più fioco...
Avrebbe anche dovuto sentire gli altri intorno,
almeno quando si davano il buongiorno.
Ma forse era ancora troppo piccolo,
ed era perché ancora bene non sentiva, solo.
Poi, il tempo, come succede, passò,
e lui, ormai formato, ad aprirsi si preparò:
schiuse i petali e… si ritrovò tutto solo!
Perché era nato, chissà come, nel nordico Polo.
gp

mercoledì 27 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 117]

Un bel libro, in insalata,
per lo stomaco è una pugnalata.
La frittata di balletto,
non è come mangiare un bel polletto.
Un panino con un quadro di Raffaello,
è troppo indigesto, seppur bello.
Una statua del Canova,
non la gusti neppure con le uova.
Puoi cuocere le opere di Verdi come vuoi,
ma poi hai qualche problema, se le ingoi.
E così via per tanti altri culinari abbinamenti,
che prevedono l’uso di creazioni di talenti.
Eh sì… la Cultura non si mangia
(e chi la fa, talvolta a campare si arrangia).
Qualcuno la definisce “cibo”, questo è vero,
ma non nel senso fisico davvero.
È “cibo” per la mente,
perché ne allarga la visione ampiamente.
È “cibo” per l’anima,
perché talvolta, una di queste ci fa piangere una lacrima.
È “cibo” per la fantasia,
perché senza, non sapremmo neppure cosa sia.
Non si può davvero farne a meno,
anche quando facciamo un viaggio in treno.
Guastiamocela allora sul tablet o per davvero,
ma fatevi da soli un regalo sincero:
riempite di opere artistiche la vostra vita,
e di colpo, vi sembrerà infinita.
gp

martedì 26 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 116]

Il sonno si faceva sentire,
eppure, non era ancora ora di dormire.
Mi ero sdraiato sul letto per leggere,
ma in un’altra posizione mi sarei dovuto mettere.
Perché quella favoriva troppo la dormita;
sentivo il sopore attirarmi come una calamita.
Gli occhi mi si chiudevano, pur non volendo.
Decisamente, un bell’abbiocco, mi stavo prendendo.
Vabbé, solo un breve pisolo, mi ero detto.
A volte aiuta, ma stavolta… (maledetto!)
non è stato sufficiente proprio per nulla,
perché ho dormito beato come in una culla.
E mi son risvegliato stamattina, come un demente,
ancora vestito come la sera precedente.
Con un bel mal di schiena, oltretutto,
e gelo nelle ossa, dappertutto,
per aver dormito fuori dalle coperte;
che non è il massimo, se ormai l’inverno alle porte si avverte.
Mi sono alzato di botto (beh, non esageriamo),
con il corpo che mi chiedeva: “ma dove andiamo?”.
Doccia veloce e cambio di vestito,
e per il lavoro sono partito.
Ma ora che sono sul pullman seduto...
uff…che sonnolenza… quasi quasi... mi appisolo... un.. min...
gp

lunedì 25 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 115]

La donna era terrorizzata:
da un momento all’altro, l’uomo, per picchiarla, l’avrebbe trovata.
Si era nascosta in una stanza della casa,
dopo che lui, di avere una qualche colpa, l’aveva persuasa.
Ma aveva tolto tutte le chiavi dalle porte, quell’immaturo,
e così lei non poteva chiudersi dentro al sicuro,
sperando, inutilmente, che gli passasse la rabbia;
come se, in passato, mai fatto lui l’abbia.
Ha ormai lividi in tutto il corpo, o quasi,
perché lui non si limita a dirle brutte frasi.
Si è anche guardato bene dal farglieli in posti evidenti
(almeno non le ha rotto anche i denti).
Coi pugni ci sa proprio fare:
nei punti giusti, glieli sa dare.
Per non parlare di quando usa altro;
nel torturarla si è dimostrato piuttosto scaltro.
Spesso, poi, lei ha anche vomitato,
ma questo solo di più l’ha reso alterato.
I passi e le urla nel corridoio ormai si avvicinavano.
Lo faceva apposta, a fare quel baccano,
così lei sarebbe stata sempre più intimorita,
ed esausta per quell’attesa infinita.
La porta della stanza si aprì con un calcio,
perché per lui era solo un intralcio.
Di urlare, lei, non aveva più neanche il vigore,
ma di colpo… si svegliò in un bagno di sudore.
Per fortuna, era stato solo un brutto sogno.
Di aver ancora di queste paure non c’era più bisogno,
perché in quel 2113, erano giusto cent’anni
che contro le donne gli uomini non facevano più danni.
gp

NB: 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

domenica 24 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 114]

Una foglia, per un colpo di vento,
da un albero si staccò, con un movimento lento.
Portava con sé dell'autunno i colori,
quelli che più scaldano i nostri cuori.
Dopo un'altra, improvvisa, folata,
sul ruscello vicino era volata,
posandosi sull'acqua dolcemente,
e lasciandosi trasportare dalla corrente.
Per molto tempo viaggiò così,
in luoghi mai visti, prima di quei dì.
Sotto il naso di un orso che beveva, passò un giorno,
che, spaventandosi, si guardò intorno.
La foglia rise, nel suo modo speciale,
che in natura non esiste di eguale.
Persino giù da una cascata
fece un volo, da quell'acqua sempre più agitata.
Ma man mano che avanzava,
sempre più si disgregava,
fino a non esserci quasi più;
proprio in vista del mare blu.
Eppure era contenta di quel che aveva compiuto.
Un'esistenza piena, aveva vissuto.
Tanto, avrebbe potuto ai suoi simili raccontare:
cose che, altre come lei, non potevano immaginare.
Perché una consapevolezza nuova aveva guadagnato,
che é quello che succede a chi ha molto viaggiato.
gp

sabato 23 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 113]

Accade, e già come oggi é capitato,
che a leggere le mie poesie, abbiate un po’ aspettato.
Beh, potrei raccontarvi che altro ho dovuto fare,
perché, almeno per il momento, la musa parrebbe lavorare.
Oppure inventarmi un’altra scusa,
come, pur di non dire la verità, talvolta si usa.
Epperò invece, preferisco,
(e così questa per oggi in tal modo definisco)
dire che se non riuscissi lo (s)Concerto giornaliero a terminare in giornata,
beh, sicuramente passerei una brutta nottata;
perché il pensiero di non avercela fatta,
mi tormenterebbe, perché l’attesa di qualcuno non è stata soddisfatta.
Ma alla fine non è solo per quello,
ma anche perché ormai lo trovo un appuntamento così bello...
che quando ne finisco uno,
e lo condivido con ognuno,
di vedere i “like” spuntare mi lusinga.
Perché almeno per adesso é 1 a 0 contro il “dura minga”.
gp

venerdì 22 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 112]

Il lupo solitario, nella neve affondava,
mentre nella sua tana, faticosamente tornava.
Non era riuscito a cacciare di nuovo niente,
e il mangiare qualcosa, stava diventando urgente.
L’inverno era più rigido di quelli degli anni scorsi,
per non parlare del pericolo di incontrare degli orsi.
Trovare qualche piccola preda in giro era difficile;
cacciare da soli, in quelle condizioni, era quasi impossibile.
Da quando il suo branco sotto una slavina era finito,
e lui era l’unico che a uscirne era riuscito,
pensava di potersela anche da solo cavare.
Ma ormai, in qualche modo doveva pur mangiare.
Aveva trovato un branco di altri lupi,
che come lui, stavano affrontando quei tempi cupi.
Solo che loro potevano insieme cacciare,
e prede più grandi riuscire così a catturare.
Li seguiva da tempo, tanto per fare (si mentiva), da lontano;
senza mai avvicinarsi, in quel territorio montano.
Un giorno, però, da una lupa del branco fu notato,
e fu quello il giorno suo più fortunato.
Perché, per la di lei intercessione, nel branco fu accolto,
e così il suo problema ebbe risolto.
Capì quindi che, per quanto ci piaccia vivere da soli, talvolta,
dopo un poco il nostro spirito si rivolta.
Della compagnia e dell'aiuto degli altri abbiamo sempre bisogno,
e chi dice di no, sta solo vivendo in sogno.
gp

giovedì 21 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 111]

Il bambino, sulla giostra girava,
e tutto il mondo intorno ruotava.
Un giro, e là in fondo c'è papà;
un altro, ed eccolo di nuovo là.
Ancora un giro, ma papà non c'è più?
No, si é spostato, ora è laggiù.
Perché i bambini di ogni nazione,
che il mondo giri o si fermi, non ci fanno attenzione;
il loro mondo, intorno ai genitori, ruota,
e senza di noi, la vita dei piccoli sarebbe più vuota.
È lo stesso per noi (fortunati) genitori, ovviamente:
cosa farei senza mio figlio, neppure mi viene in mente.
Fate perciò che il mondo intero sia per loro migliore,
e se vi venisse, ogni tanto, un po’ di stanchezza interiore,
sarà sufficiente guardare un bambino negli occhi,
per capire quanto talvolta siamo sciocchi.
Se poi vedendovi, il fanciullo vi abbraccerà,
sarà per consolarvi, e sul vostro viso un sorriso di colpo apparirà.
gp

NB: ieri, 20 novembre, era la Giornata internazionale per i diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Ma io l’ho scritta oggi, perché non deve essere un giorno diverso da ieri, o da domani. Ti voglio bene, piccolo...

mercoledì 20 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 110]

Qualche giorno fa, accennavo a una disgrazia a noi distante,
ma non per questo meno importante.
La “colpa”, diciamo, era in quell’occasione del maltempo,
come anche per quanto successo nel frattempo.
Son sicuro che è conosciuto e risaputo ormai a tutti quanti,
quel che è accaduto a, di una zona della Sardegna, gli abitanti.
Non voglio, quindi, in questa occasione, perciò,
ricordare le disgrazie occorse, e invece vi dirò
che “forse” qualche danno, o anche di più,
poteva esser evitato, se il territorio fosse stato gestito meglio, e non solo laggiù.
Ad esempio, imbrigliamo corsi d’acqua e chiudiamo vie di sfogo naturali,
che poi mancano, e si riempiono di cronache luttuose gli annali.
Si spende poi molto di più a ripagare le disgrazie,
che manutenere il nostro ambiente, e a chi ci rimette, tante grazie...
Senza contare poi le vittime innocenti dei disastri,
che nessuno li può più rifondere, tantomeno tutte le autorità coi loro nastri.
Manca poi del tutto un po’ di cultura, diciamo di istruzioni,
di quanto vada fatto in certe occasioni.
Diversi, l’altro giorno, hanno pensato, di rifugiarsi nei sottopassi,
o di ritirarsi nei seminterrati, o comunque nei piani bassi.
Invece, un minimo di più, di quanto stava per accadere, prevenzione,
avrebbe forse salvato qualche situazione.
Praticamente poi solo a noi italiani (e pochi altri),
non viene insegnato ad esser più scaltri.
È un discorso generale, che riguarda la sicurezza,
ma anche, nel primo soccorso di un infortunato, la prontezza.
Cosa fare in caso di terremoto,
o come soccorrere uno caduto dalla moto.
Come sempre, invece, preferiamo guardare altrove,
e fare solo poi la gente che si commuove.
Ma fra qualche giorno, quando tutto sarà ormai dimenticato,
pure lo spirito di ribellione a questa situazione, sarà ormai passato.
Lamentiamoci pure dell’Italia e dei suoi governanti,
ma quando sarà ora, e dico a tutti quanti,
ricordiamoci che quelli che sopra di noi stanno,
solo perché noi siamo stati troppo pigri nel cambiare, spesso lo fanno.
E non trovate la scusa che “tanto” (ricordate il mio poema?) son tutti uguali,
perché, così dicendo, anche noi ci equipariamo a quei tali.
Ora (e per ora) concludo questo mia, forse dettata solo dall’emozione,
sperando che pure io, a breve, non perda l’indignazione.
gp