venerdì 29 novembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 119]

Ci parlate, voi, col vostro animale?
Non intendo il coniuge, e non pensate male…
No, proprio col cane, il criceto, il coniglio o il gatto
(altri animali da soli mettete, così a far la rima non divento matto).
Insomma, quando siete a lui vicino,
vi capita di parlargli come fosse un bambino?
Cercate di spiegargli cosa fare,
e, per i suoi bisogni, dove andare?
Gli dite che, se fa ancora quella brutta cosa,
lo sbattete fuori casa, se solo osa?
O ancora, gli spiegate per benino
cosa deve fare una bestia a modino?
E poi, quando siete con lui da solo,
gli raccontate i fatti vostri, mentre vi guarda benevolo?
Dobbiamo capire, noi umani,
che loro non lo sono, ma solo gatti, uccelli o cani.
Possono starci, apparentemente, ad ascoltare perché ci amano,
e perché la nostra vicinanza (chissà perché) essi bramano.
Ma non è che veramente le nostre parole capiscono,
se non, come gli si dice le cose, il tono.
Sono affettuosi, fedeli e non sanno mentire;
spesso riescono anche, quel che cavolo vogliamo, a capire.
Scambiamo allora con loro molte coccole,
perché magari per noi sono bazzecole,
ma loro non chiedono altro, nella loro vita
che starci attaccati come una calamita.
E se un giorno scopriremo che veramente ci capivano,
beh, cambierebbe qualcosa, visto che incondizionatamente ci amavano?
gp

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