giovedì 31 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 90]

la giungla era fitta
la giungla era oscura
la giungla era umida
la giungla era calda
la giungla era di vita brulicante
la giungla era impenetrabile
la giungla...
la giungla...
la giungla urbana, solo sopravvisse.
gp

mercoledì 30 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 89]

Vi ricordate, dal 1975, il cartone di Grisù il draghetto,
che voleva diventare un pompiere perfetto?
Era nato per Carosello (1964), all’inizio della “carriera”,
ma ebbe successo, e ne fecero una serie intera.
Il padre Fumè, drago pure lui, ovviamente,
voleva togliere al figlio quell’idea dalla mente.
Ci riusciva a farglielo dimenticare per un poco,
ma il draghetto sempre quel desiderio covava, di combattere il fuoco.
Iniziava allora nuovi mestieri, con un certo successo;
perché al padre voleva bene, bisogna gli sia concesso.
Oppure, più avanti nella serie, compiva imprese coraggiose,
dove magari salvava persone, che per questo gli erano generose.
Poi, all’atto di premiarlo, ogni volta Grisù un guaio combinava,
perché per l’emozione tutto, di botto, infiammava.
Così il padre borbottava sconsolato,
e lo si vedeva sulla spalla di Sir Cedric, piangente, appoggiato.
Ma certo il draghetto per questo non disperava,
e nel suo Sogno ("Da grande farò il pompiere!") perseverava.
Allora questo era il significato che voleva essere trasmesso:
anche nelle difficoltà, il proprio Sogno dev’essere mantenuto lo stesso.
Perché tutti possono aspirare a qualcosa di diverso,
e il desiderio di cambiare in meglio non va mai perso.
Tenete sempre a mente quello che sognava un drago malvagio per tradizione;
non mi pare una speranza cui non debba esser data attenzione...
E voi tutti, avete un Sogno nel cassetto da realizzare?
Perché Jim Morrison diceva: “Ognuno di noi ha un paio d’ali, ma solo chi sogna impara a volare.”
gp

martedì 29 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 88]

Il muro da tempo si ergeva;
da due lontanissimi palazzi emergeva.
Era alto, altissimo:
dove finisse non si capiva benissimo.
I bambini ci giocavano contro col pallone.
I ragazzi, di farci qualche graffito, non perdevano occasione.
Gli adulti non ci facevano più caso,
neppure quando ci camminavano raso.
Il perché si fosse costruito si perdeva negli anni,
e del resto, di capire nessuno si prendeva affanni.
Qualcuno, ogni tanto, vi appoggiava l’orecchio,
e gli pareva di sentir qualcosa… anzi, parecchio.
Poi da altro veniva distratto,
e si dimenticava di quel breve contatto.
Un giorno, un grosso camion ci andò a sbattere,
e ci fece una crepa, senza volere.
Da quella ferita trapelava una luce,
e la gente iniziò a chiedersi: “chissà cosa la produce?”.
Si iniziò così ad allargarla,
per riuscire poi ad attraversarla.
Quando fu abbastanza ampia per il passaggio,
la superò uno con molto coraggio
che si trovò davanti una città alla sua uguale,
con gente che osservava chi fosse quel tale.
Ma erano persone non dalle altre diverse,
e così, deluso, dalla sua parte riemerse.
Raccontò a tutti che non c’era niente da scoprire,
e così quella falla si decise di ricoprire.
I bambini continuarono così ignari a giocare,
e i ragazzi, con la loro arte, il muro imbrattare.
Quel moto di curiosità era definitivamente scemato,
dopo che il temerario era tornato.
Era già successo e ancora poi successe
che un buco, per caso o no, vi si facesse.
Ma ogni volta che accadeva,
chi dall’altra parte guardava, una delusione aveva.
Il muro c’era forse sempre stato,
per quello che si fosse ricordato.
E siccome dall’altra parte non c’era ragion d’avventura,
rimaner nella propria, era cosa buona e sicura.
gp

lunedì 28 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 87]

Ieri è mancato della musica un poeta,
di cui bisognerebbe celebrare la discografia completa.
Alcune sue opere ci sono rimaste impresse;
di altre, poco conosciamo. Forse per nostro disinteresse.
Certo, il fatto che sia accaduto una “domenica mattina”,
al suo repertorio ben si combina.
Chissà se avrebbe potuto essere un “giorno perfetto”,
come quello che in una canzone aveva predetto.
Certo è che, passando una vita da “vizioso” qual’era stato,
se lo sarà probabilmente pure aspettato.
Ora si troverà a fare magari ancora “un giro nella zona selvaggia”,
e noi, che l’abbiamo ormai perso, possiamo solo dire… mannaggia!
gp

(Sorry, Mr. Reed)

domenica 27 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 86]

Filastrocca dell’ora solare,
che da quest’oggi ci viene ad allietare,
facendoci dormire, ma solo per un giorno, un’ora di più;
perché, in effetti, di domenica è un sovrappiù.
Dovremmo poi forse anche considerare,
che non è sempre utile a chi va a lavorare.
Perché, adesso che farà tempo brutto,
quando la sera si uscirà, sarà già buio del tutto.
E percorrere talvolta, per a casa tornare, molta strada,
in piena notte e magari con neve sotto il battistrada,
non è certo una situazione piacevole,
che dovrà essere affrontata in modo molto disagevole.
Oltretutto, sentivo proprio ieri, che l’ora in più di luce
che invece l’ora legale da tempo introduce,
parecchi soldi a tutti fa guadagnare,
perché sul consumo di energia giornaliera fa risparmiare.
E infatti, forse per questa e qualche altra controindicazione,
qualcuno tempo fa parlava di abolizione:
di eliminare cioè questa benedetta ora solare,
di cui almeno per oggi sentiamo tanto parlare;
e che fino al prossimo 30 marzo ci terrà compagnia,
per bene accetta, o male che sia.
gp

sabato 26 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 85]

Vi piace mangiare cinese
(che, tra l’altro, spesso è un misto di thailandese)?
A me e mia moglie, decisamente;
e così, ogni tanto, di farlo ci viene in mente.
Come ad esempio questa sera stessa,
che una cena corposa, ci siamo concessa.
Pure mio figlio, abbiamo da tempo traviato:
ormai da più di 10 anni è stato abituato
a questa particolare cucina orientale
che, se trovi il posto giusto, non è niente male.
Basta evitare un poco i fritti,
e mangiare ad esempio gustosi spaghetti.
Che siano di soia, o fatti col riso,
hanno un sapore molto preciso.
Mai poi saltiamo i ravioli alla griglia,
che ogni volta noi li si piglia.
E si potrebbe a lungo continuare,
per così tutto il menù arrivare ad elencare,
passando attraverso decine di altri piatti,
perlopiù buoni e non pesanti, a conti fatti.
Se poi, da bere, lo vorrete provare,
pure il the verde (non zuccherato!) è da gustare.
Considero anche la macedonia di frutta cinese mista,
per terminare il pasto la scelta giusta.
Insomma, non mi starò oltre a dilungare;
se vi garba, provateli ad assaggiare.
Se invece già questa cucina conoscete,
e magari pure suoi habitué siete,
allora, che ve lo sto ancora a dire?
Tanto vale qui finire.
gp

venerdì 25 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 84]

C’era una salamandra che aveva un problema non da poco:
la poverina aveva purtroppo paura del fuoco.
Il suo, era terrore di scottarsi,
ma non soltanto di qualche bruciatura farsi.
La faccenda si era estesa anche in chiave metaforica,
e la cosa la rendeva ancora più problematica.
Perché ormai aveva anche terrore
di quello che pensassero gli altri di ogni suo errore.
Le fiamme del giudizio della gente,
la spaventavano in ogni frangente.
Il calore insopportabile che derivava dalle altrui opinioni,
le faceva seguire di tutti le condizioni.
E non più produceva quello che le piaceva,
se da qualcuno il benestare non aveva.
Lo stesso timore, oltretutto, di sbagliare,
la esponeva a più errori fare.
E così, le opere d’arte che creava,
di farle vedere agli altri mai neppure ci pensava.
Sempre più si rinchiuse nelle sue stanze;
sempre meno era in mezzo alle danze.
Finché un giorno, alla sua porta suonò un postino
che, quando lei aprì, vide quello che c’era nello stanzino.
Meravigliato da quello che aveva visto,
lo disse a un suo amico che di conoscenze nel campo era provvisto.
La salamandra ricevette così la visita di molti critici,
e i suoi lavori vennero subito considerati genialmente artistici.
Da quel giorno, di aver paura non ebbe più bisogno,
perché era avvenuto un suo ormai riposto sogno.
Passata la fobia di tutto quanto,
decise di aiutar chi ne aveva almeno altrettanto.
Facendo a tutti capire che mai si dovrebbe
avere l’ansia per quello che accadere potrebbe.
E che è meglio essere sempre noi stessi
perché, se sempre ci crediamo, arriveranno anche i nostri successi.
gp

giovedì 24 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 83]

Siete mai stati in un ospedale?
Non necessariamente perché avevate un male;
è sufficiente che qualcuno siate andati a trovare
per, forse, le stesse sensazioni mie provare.
Appena entrati in un reparto qualsiasi,
dall’odore di disinfettante si è presto invasi.
Ma gli occhi colgono un altro aspetto,
che è quello che vi opprime maggiormente il petto.
Vi trovate infatti molta disperazione,
in quei casi senza possibile soluzione.
E anche parecchia solitudine,
per chi di avere qualcuno al fianco ha... perso l’abitudine.
Se poi, come è capitato a noi diversi anni addietro
(quando a mio figlio successe quella cosa il cui ricordo ci portiamo ancora dietro),
vi trovate a visitare il reparto infantile,
forse non vedrete l’ora di tornare nel cortile.
Perché tra tutti è forse quello più tremendo:
gli sguardi dei bambini non li dimenticherete neppure uscendo.
Ecco perché talvolta mi viene da pensare
che spesso per… cavolate, ci stiamo a disperare,
mentre ci sono nella vita cose ben peggiori;
e, ogni tanto, visitare certi luoghi potrebbe renderci migliori.
gp

mercoledì 23 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 82]

°La pulce parassita,
si nutre da una ferita
che proprio lei ha inferto,
senza farsene problema di certo.
Perché deve pur mangiare,
e la Natura la porta a quel sistema usare.
Non lo fa, quindi, con cattiveria;
né con malizia o per angheria.
Anche perché se l’ospite perisce,
pure per lei il nutrimento finisce.
°L’umano parassita,
sfrutta sempre una nostra “ferita”
che, con uno scopo preciso, ci ha magari egli stesso inferto.
E che ne sia cosciente, è certo.
Col fatto che lui (o lei) a nostro danno voglia mangiare,
non è mica detto che per questo ci debba usare.
E invece lo fa con studiata cattiveria,
e, approfittando delle risorse altrui, fa un’angheria.
Se poi capita che la vittima prescelta perisce,
magari anche per sfruttare quella situazione, finisce.
°Quando dicevo di imparare dagli esseri più semplici,
lo intendevo certo con scopi “filosofici”.
Ma è nella natura umana quella di traviare
ogni esperienza altrui, per la nostra convenienza fare.
gp

martedì 22 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 81]

Meglio un hobby artistico che possa appagare?
O uno che le bollette aiuti a pagare?
Averne uno che sia tutte e due le cose, credo sia impossibile;
divertirsi lavorando, é per me inconcepibile.
Quando lo fai per qualcuno che per questo ti vuole remunerare,
sempre a qualche capriccio o richiesta, devi sottostare.
Mentre se lo fai per te liberamente,
ci puoi mettere tutto quello che ti viene in mente.
Forse, solo se tu sei artista affermato,
prima crei, e poi da qualcuno vieni pagato.
Ma certamente, per famoso diventare,
qualche concessione al gusto imperante la devi pur fare.
E talvolta non basta neppure esser conosciuto,
se poi di darti qualcosa per la tua arte viene da molti taciuto.
Quindi, facciamo il nostro lavoro al meglio che sappiamo fare;
ma quando ne siamo fuori, alle nostre opere continuiamo liberamente a pensare.
E vedrete che se per questo la mente più leggera avrete,
anche l'impegno quotidiano meglio affronterete.
gp

lunedì 21 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 80]

L'esercito nemico avanzava sulla pianura,
come cavallette su una coltura.
Dove passava, più l'erba cresceva,
e la nera mietitrice il suo tributo si prendeva.
Orfani ne creava a iosa,
e più compagno aveva nessuna sposa.
L'esercito alleato, d'altro canto,
non che di far meglio poteva far vanto.
Perché la triste realtà é proprio questa:
quando c'é la Guerra, nessuno fa festa.
Da una parte o dall'altra della barricata,
c'é solo gente triste e disperata.
E invece chi la guerra ha voluto,
di solito in un posto caldo e sicuro sta seduto.
Io dico qui perciò, cari guerrafondai,
se volete uccidere, fatelo tra di voi, e non mettete gli altri nei guai.
E se vi piace fare il gioco della Morte,
invitatela solo alle vostre porte.
gp

domenica 20 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 79]

Voi, di che umorismo siete?
E che sia importante averlo, ritenete?
No, perché a me, ad esempio, non molto piacciono
le barzellette, e coloro che a dirle si compiacciono.
Sarà che tanto poi non me le rammento,
ma preferisco le battute nate sul momento.
Talvolta, dicono, mi riescano anche gustose;
talaltra invece, beh, sono invero pietose...
Ma che siate di barzellette narratori,
oppure, di battute, facili creatori,
credo che alla fine l'importante
sia che di sorrisi o risate ne provochiate tante.
Perché tutti ne abbiam bisogno per superare
le nostre avversità, e poi poter ricominciare
a creare un mondo migliore:
in cui ci sia più gioia che dolore.
gp