venerdì 31 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 182]

Da domani inizia il nuovo anno.
Come dite? È già stato, Capodanno?
Ma io intendevo il nuovo anno cinese,
quello che inizia col prossimo mese,
e che per ben 15 giorni sarà festeggiato
in tutto il mondo dai cinesi abitato.
Secondo la mitologia, la tradizione si rifà a una leggenda,
in cui c’è una bestia, lo Nian, veramente tremenda:
ogni 12 mesi esce dalla tana per gli umani mangiare,
e questi, con il colore rosso e gran rumori lo devono spaventare.
Di questa leggenda c’è traccia nella “danza del leone”,
in cui la maschera per le strade ricorderebbe quella tradizione.
E ancora i fuochi d’artificio e i canti,
fornirebbero quei forti rumori per tenere i mostri distanti.
Questo poi sarà l’anno del segno zodiacale del Cavallo,
che tra l’altro è anche il mio, se non cado in fallo.
A leggere nell’oroscopo cinese tutto quello che mi aspetta,
direi che stia per vivere una stagione perfetta.
Vedremo se davvero da domani sarà meglio,
oppure se, da questa fantasia, avrò un brusco risveglio.
Ma questo ve lo potrò dire solo nei prossimi mesi.
Per cui, tenete i vostri computer accesi,
e attendete che io vi dia il mio parere
su quello che mi sta per succedere.
gp

giovedì 30 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 181]

La mongolfiera nel cielo si innalzava,
e tutti, a guardarla col naso in su lasciava.
Il manovratore la guidava dolcemente,
tenendola però fermamente.
Quindi la indirizzava in direzione del sole,
ed il pallone obbediva arrendevole.
Sorvolò così fiumi e laghi,
fino alla terra dei grandi draghi.
Quando discese, su di un’altura,
capì subito che sarebbe stata dura.
Lì sotto vi era la caverna di uno di quei sauri,
parenti alla lontana degli estinti dinosauri.
Si calò dalla cima con una corda robusta,
fin quasi del drago a scorgere la cresta.
Il fatto di esservi arrivato in mongolfiera,
gli aveva permesso di non farsi sentire da quella fiera.
Ma ora che gli era così vicino,
si sentiva, in confronto, non più grande di un micino.
Il drago dormiva, o così sembrava,
e lui di non sbagliarsi decisamente sperava.
Entrò nella caverna puzzolente di carcasse
di chissà quali animali solitamente mangiasse.
Riuscì a raggiungere del drago il tesoro
perché, come saprete, sono attirati dall’oro.
Poteva portare indietro solo un oggetto,
che cercò tutto intorno con fare circospetto.
Finalmente lo vide, sul fondo della tana:
un grande gioiello, a forma di rana.
Tra le cose là dentro era quella più preziosa,
e lui voleva farne dono alla sua bella sposa.
Quell’atto di coraggio non era però gratuito,
ma da centinaia di anni veniva eseguito
da chi per potersi con orgoglio sposare,
doveva grande audacia in quell’azione dimostrare.
Purtroppo il grande sauro troppo presto si ridestò,
e a quel temerario la testa con un morso staccò.
Poi la sua corazza, lucente e insanguinata,
portò alla sua compagna che ruggì lusingata.
gp

mercoledì 29 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 180]

Da dietro la roccia aveva scorto un movimento,
ma con quel casco riusciva a vedere a stento.
Le pistole a raggi teneva saldamente in mano,
ma si sentiva come un presentimento strano.
L’alieno minaccioso sembrava meglio di lui armato,
con quella specie di fucile la cui efficacia aveva già dimostrato.
I suoi compagni giacevano morti a poca distanza;
perché erano finiti lì ormai aveva poca importanza.
Non avrebbe mai voluto andare in missione,
per controllare quella strana trasmissione.
Ma il suo superiore era stato inflessibile,
e lui avrebbe voluto rendersi invisibile.
Però ormai si trovava in quella brutta situazione,
e doveva tirarsene fuori con una qualche soluzione.
Così non trovò niente di meglio da fare
che uscire di colpo e all’impazzata sparare.
L’alieno non si aspettava quel comportamento,
e fece un tentativo di difendersi troppo lento.
Il soldato approfittò di quell’unico istante
in cui l’avversario fu colto impreparato da quel pistolero urlante.
Alzò quindi i suoi quattro arti superiori
per sparare all’alieno quattro colpi dai suoi fulminatori.
Questi cadde all’indietro con sguardo sorpreso,
o almeno al soldato così sembrava, per la forma di quello strano viso.
Perché lui gli era in parte molto simile,
ma che avesse solo due arti superiori e due inferiori era davvero inverosimile...
gp

martedì 28 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 179]

Il portatile da qualche ora non funzionava,
eppure… fino al giorno prima perfettamente andava!
Era acceso, mica l’aveva mai spento;
nel dubbio, l’aveva anche messo in caricamento.
Eppure era lì, senza dar soddisfazione:
manco una email di qualche promozione.
E la cosa era ben strana, visto che solitamente
arrivavano messaggi continuamente.
Più di una volta aveva provato a riavviare,
così, giusto per capire se fosse da riparare.
Ma qualsiasi tentativo facesse,
sembrava che le linee non fossero connesse.
Allora iniziò fuori dalla finestra a guardare,
cosa che non gli capitava da tempo di fare.
E vide che, come lui, altra gente si affacciava;
forse la stessa cosa anche ad altri capitava.
Poi, vide sul balcone vicino una giovane affacciarsi,
e visto che non aveva altro da fare, decise di buttarsi.
Con molta timidezza rivolse alla ragazza la parola,
e lei, prima gli sorrise, poi lo invitò alla sua festicciola.
Lì lui conobbe un sacco di persone interessanti,
gente con cui parlare senza bisogno di altoparlanti.
E capì che dentro quello stupido apparecchio
non stava il mondo reale, anche se sembrava parecchio.
Come andò con la ragazza non è, tra gentiluomini, da raccontarsi,
ma sappiate che il portatile, da mesi, sta lì a impolverarsi…
gp

lunedì 27 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 178]

Oggi è il giorno della Memoria,
perché quanto fatto agli ebrei rimanga Storia.
Se girate un poco in Rete,
informazioni facilmente troverete
su quello che è definito Olocausto
e su tutto quel periodo infausto.
Così magari potrete pure trovare
che altre categorie di persone vennero fatte imprigionare:
oppositori o dissidenti religiosi e politici,
omosessuali, prigionieri di guerra e i civili sovietici.
E ancora i Rom, i Sinti,  i Polacchi e gli Slavi,
disabili e malati di mente, trattati tutti come schiavi.
Se poi vogliamo ancora un poco in Rete cercare,
scopriamo che nel mondo non si è mai smesso di torturare
o imprigionare per i motivi di cui sopra dicevo;
come fossimo ancora nel Medioevo...
Insomma, con tutto questo ho voluto ricordare
che di tutti gli altri popoli non ci possiamo dimenticare.
Perché non sono cose accadute solo nel passato,
ma accadono tuttora, e neppure troppo lontano dal nostro Stato.
gp

domenica 26 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 177]

Dicono che fare un passo sia come in avanti cadere,
e secondo me, simile è imparare a vivere.
Il bimbo che inizia a camminare è fiducioso:
da troppi pensieri su come debba farlo non è corroso.
Quindi potremmo immaginare di fare noi lo stesso,
e vivere un momento dopo l’altro che viene appresso,
con la stessa spensieratezza e fiducia che ce la faremo,
come da piccoli l’abbiamo che cammineremo.
A volte però per capirlo ci mettiamo una vita;
così lo impariamo veramente solo quando ormai è finita.
E purtroppo non serve a nulla sentirlo o leggerlo,
fintanto che sulla propria pelle non si può viverlo.
Vi auguro perciò di farlo vostro in fretta
perché, sì, beh… il tempo non aspetta.
gp

sabato 25 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 176]

Sembra che gli studiosi abbiano appurato
che i gatti, per un gatto più grosso ci abbiano scambiato.
E quindi ci farebbero le fusa solo perché così
fanno alla loro mamma: per farsi dar da mangiare e farla restar lì.
Così come sulla pancia le fanno la “pasta”,
per avere il latte di cui non hanno mai basta.
Lo strofinamento che fanno contro di noi con dovizia,
sarebbe lo stesso che i piccoli fanno verso i più grandi per esprimere amicizia.
In ultimo, si salutano tenendo la coda ben alzata,
e perciò anche con noi, se ben disposti, la tengono levata.
Però mi chiedo anche perché mai,
il gatto rosso che abbiamo noi sia un combina guai;
che salta in ogni dove, e pure con le unghie contro le ginocchia,
perché se gli fai (a suo vedere) uno sgarbo, lui ben ti adocchia.
Invece altre volte ti fa le fusa e si strofina,
per poi, senza una comprensibile ragione, darti una morditina.
Ma i gatti, lo sapete anche voi, talvolta sono un po’ lunatici;
e, diversamente dai cani, sono rimasti essenzialmente selvatici.
Quindi possiamo ipotizzare che lui debba ancora ben capire,
se noi siamo “gatti”, o... prede da ghermire.
gp

venerdì 24 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 175]

Se io avessi fatto il Classico,
scriverei in un modo piú aulico.
Citerei certamente i greci classici,
come anche molti poeti italici.
Epperò ho fatto l’Istituto Industriale,
e quindi magari scrivo un po’ più male.
Ho, come dire, una poetica “tera tera”,
che magari col tempo potrò migliorare (si spera…).
Ma non mi faccio di questo un gran cruccio,
e neppur se nella metrica c’è qualche erroruccio.
L’importante, alla fine, è quanto viene detto,
e anche se vi piace, dopo averlo letto.
Per questo mi lusingano i vostri commenti;
che siano buoni oppure maledicenti.
Ragion per cui la quale
(cicale, cicale, cicale…),
ehm… vedrò di continuare ancora per un poco
con questo mio piccolo, quotidiano, gioco.
Sperando di mai annoiarvi, ancora una volta
vi rimando a domani, con una citazione colta:
“La poesia dev'essere la naturale effusione dell'anima nostra.” (Anatole France)
gp

giovedì 23 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 174]

Lo sforzo (mentale!) che facevo non era indifferente,
eppure non mi veniva in mente proprio niente.
Allora mi son detto, scriviamo comunque qualche cosa,
che nella vita, vince solo chi un poco osa.
E riga dopo riga ecco che ho prodotto
quello che state leggendo, e che leggerete fin qua sotto.
Forse non sarà il mio (s)Concerto migliore,
e non darà alla mia fama gran fulgore;
però mi permetterà ancora per oggi,
che un po’ di verve poetica io sfoggi.
Ma immagino voi vi stiate chiedendo:
che la musa ispiratrice lui stia perdendo?
Forse che sì, forse che no, vedremo;
per il pensiero che non possa più scriverne io non tremo.
Le cose importanti nella vita sono altre,
e non queste mie parole un poco scaltre.
Direi perciò che per oggi può bastare,
e domani, chissà che l’ispirazione non mi possa ritornare… ^_-
gp

mercoledì 22 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 173]

Il panda sedeva placido tra i bambù,
e sceglieva quelli che gli piacevano di più.
Non aveva intenzione di sudare,
mentre, comodo, stava lì a mangiare.
Fino a quel momento, ne aveva avuto in abbondanza,
e infatti se ne riempiva regolarmente la... panza.
Anche l’attività sessuale gli sembrava troppo faticosa
(non che la pensasse diversamente, la sua morosa).
Però qualcosa stava cambiando, nel suo mondo;
e c’era poco da essere ancora giocondo.
Il cibo man mano andò scarseggiando,
perché la crescita del bambù stava rallentando.
Il panda volle non credere a quello che vedeva,
e così mollemente sulle foglie si sedeva.
Fino a quando, per niente aver fatto,
si trovò dalla realtà sopraffatto.
E placidamente, come era vissuto,
disse addio al suo mondo, con un bel saluto.
Così arrivò, comodamente, all’estinzione,
per esser rimasto nella sua convinzione,
che nulla fosse nella sua esistenza da cambiare,
perché troppa fatica voleva dire “fare”.
Questa storia, ovviamente, è della nostra vita una metafora
(forse l'avevate già capito, e non serviva dirlo ancora).
Perché il povero panda non può fare niente,
visto che lui non può intervenire sul proprio ambiente.
Ma invece noi, accidenti, potremmo;
anzi, direi proprio che dovremmo!
E non solo fare qualcosa per dove viviamo,
ma anche per come lo facciamo.
Oppure, singolarmente ci "estingueremo",
e chi ci sta vicino con noi porteremo.
gp

martedì 21 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 172]

Qualche volta, so la cosa giusta da fare;
altre volte, per decidere mi devo dannare.
Qualche volta, riesco ad aggiustarmi;
altre volte, devo chiedere a qualcuno di aiutarmi.
Qualche volta, vorrei cambiare mestiere;
altre volte, mi rendo conto di esser fortunato, ad almeno questo avere.
Qualche volta, comprendo chi mi è vicino;
altre volte, manco mi avvicino.
Qualche volta, riesco a essere positivo;
altre volte, di qualche profondo dubbio non resto privo.
Qualche volta, riesco a ben riposare;
altre volte, nel letto mi sto a rigirare.
Qualche volta, sono di buon umore;
altre volte, sono difficile da sopportare per ore.
Qualche volta, riesco ad esprimere i miei sentimenti;
altre volte, capita di essere quantomeno assenti.
Qualche volta, ho fatto un errore;
altre volte, penso che lo rifarei, se per (di qualcosa) amore.
Qualche volta, ho paura di guidare;
altre volte, non ci penso, ma ormai sono rare.
Qualche volta, ho fatto le cose che mi piacevano;
altre volte, più sicuro non farle, mi dicevano.
Qualche volta, cerco di guardare solo avanti;
altre volte, per quelle cose non aver fatto, mi ritrovo pieno di rimpianti.
Qualche volta, so subito cosa scrivere;
altre volte, più ispirazione vorrei avere.
Qualche volta, ho molta pazienza;
altre volte, non sopporto l’altrui deficienza.
Qualche volta, mi commuovo fino alle lacrime;
altre volte, l’ingiustizia di certe cose mi opprime.
Questo e molto altro ancora si chiama “vivere”,
e può anche non sempre piacere.
gp