mercoledì 22 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 173]

Il panda sedeva placido tra i bambù,
e sceglieva quelli che gli piacevano di più.
Non aveva intenzione di sudare,
mentre, comodo, stava lì a mangiare.
Fino a quel momento, ne aveva avuto in abbondanza,
e infatti se ne riempiva regolarmente la... panza.
Anche l’attività sessuale gli sembrava troppo faticosa
(non che la pensasse diversamente, la sua morosa).
Però qualcosa stava cambiando, nel suo mondo;
e c’era poco da essere ancora giocondo.
Il cibo man mano andò scarseggiando,
perché la crescita del bambù stava rallentando.
Il panda volle non credere a quello che vedeva,
e così mollemente sulle foglie si sedeva.
Fino a quando, per niente aver fatto,
si trovò dalla realtà sopraffatto.
E placidamente, come era vissuto,
disse addio al suo mondo, con un bel saluto.
Così arrivò, comodamente, all’estinzione,
per esser rimasto nella sua convinzione,
che nulla fosse nella sua esistenza da cambiare,
perché troppa fatica voleva dire “fare”.
Questa storia, ovviamente, è della nostra vita una metafora
(forse l'avevate già capito, e non serviva dirlo ancora).
Perché il povero panda non può fare niente,
visto che lui non può intervenire sul proprio ambiente.
Ma invece noi, accidenti, potremmo;
anzi, direi proprio che dovremmo!
E non solo fare qualcosa per dove viviamo,
ma anche per come lo facciamo.
Oppure, singolarmente ci "estingueremo",
e chi ci sta vicino con noi porteremo.
gp

Nessun commento:

Posta un commento