giovedì 30 gennaio 2014

[(s)Concerto poetico n. 181]

La mongolfiera nel cielo si innalzava,
e tutti, a guardarla col naso in su lasciava.
Il manovratore la guidava dolcemente,
tenendola però fermamente.
Quindi la indirizzava in direzione del sole,
ed il pallone obbediva arrendevole.
Sorvolò così fiumi e laghi,
fino alla terra dei grandi draghi.
Quando discese, su di un’altura,
capì subito che sarebbe stata dura.
Lì sotto vi era la caverna di uno di quei sauri,
parenti alla lontana degli estinti dinosauri.
Si calò dalla cima con una corda robusta,
fin quasi del drago a scorgere la cresta.
Il fatto di esservi arrivato in mongolfiera,
gli aveva permesso di non farsi sentire da quella fiera.
Ma ora che gli era così vicino,
si sentiva, in confronto, non più grande di un micino.
Il drago dormiva, o così sembrava,
e lui di non sbagliarsi decisamente sperava.
Entrò nella caverna puzzolente di carcasse
di chissà quali animali solitamente mangiasse.
Riuscì a raggiungere del drago il tesoro
perché, come saprete, sono attirati dall’oro.
Poteva portare indietro solo un oggetto,
che cercò tutto intorno con fare circospetto.
Finalmente lo vide, sul fondo della tana:
un grande gioiello, a forma di rana.
Tra le cose là dentro era quella più preziosa,
e lui voleva farne dono alla sua bella sposa.
Quell’atto di coraggio non era però gratuito,
ma da centinaia di anni veniva eseguito
da chi per potersi con orgoglio sposare,
doveva grande audacia in quell’azione dimostrare.
Purtroppo il grande sauro troppo presto si ridestò,
e a quel temerario la testa con un morso staccò.
Poi la sua corazza, lucente e insanguinata,
portò alla sua compagna che ruggì lusingata.
gp

Nessun commento:

Posta un commento