venerdì 11 ottobre 2013

[(s)Concerto poetico n. 70]

Un bianco cavallo cicoppolava...
(pardon, così mia moglie da piccola lo chiamava)
Insomma, galoppava, stavo intendendo,
in un frenetico crescendo.
Sulla spiaggia solitario andava;
sabbia e acqua marina intorno spruzzava.
Il perché di quella corsa frenetica era un mistero,
ma la cosa non è un problema davvero.
È invece più bello sapere che lo stallone
viveva da sempre libero, in un nascosto canalone.
Sembrava quasi, se la ricordate, questa dimostrazione equestre,
la vecchia pubblicità del bagnoschiuma col pino silvestre.
Niente sembrava potesse interrompere
quel suo selvaggio e liberatorio correre.
Eppure, ad un certo punto frenò bruscamente,
quando in mezzo al mare vide delle giumente.
Ai suoi occhi quel destriero non credeva,
e si mise a scalpitare sulla riva.
Cercava di attirarle fuori dal mare,
ma queste sembravano a lui non badare.
Allora, vinto dall’amore, dopo un po’ decise
di seguirle in mezzo ai flutti e a nuotar loro incontro si mise.
Quando però gli fu molto vicino,
si rese conto troppo tardi di quell’inganno equino.
Queste altro non erano che degli ippocampi marini,
con corpi di cavallo e code di delfini.
Mitici animali che di Poseidone il carro,
trainavano e scortavano nel mare azzurro.
La loro appendice pinnata, affondando, vide per ultima cosa;
ed ora in mezzo a loro, sul fondo, il suo corpo riposa.
gp

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