venerdì 13 dicembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 133]

Un giorno, il sole si spense.
E qualcuno, sulla Terra, pianse.
Gli animali iniziarono a lamentarsi,
e gli uomini non sapevano il da farsi.
Fiori e piante morirono di lì a poco;
non servì neppure accendergli vicino un fuoco.
Freddo e gelo iniziarono ogni terra a coprire,
e qualcuno di lì a poco a morire.
Gli scienziati non trovavano un accordo:
sapevano sarebbe accaduto, ma di anni si ipotizzavano qualche miliardo.
Le religioni di tutto il mondo
scomodarono ogni dio, dal più gentile al più iracondo.
Ma le masse, dopo che per un po’ un segno divino stettero ad aspettare,
capirono che a ben poco servisse pregare.
Non si poteva lasciare il pianeta,
o, anche potendo, non era possibile alcuna meta.
I più ricchi si accaparrarono, per vivere un po’ di più, il necessario,
e lo fecero naturalmente in modo autoritario.
La gente più povera subito cercò di ribellarsi,
ma c’erano troppe cose di cui preoccuparsi.
Poi, quando sembrava tutto finito,
su di una roccia su in montagna, di granito,
si vide un raggio di sole manifestarsi;
per poi, a tutto il pianeta, man mano allargarsi.
Tutto ritornò come prima, o quasi.
Perché, quando gli astronomi posero sui telescopi i propri nasi,
scoprirono che, nelle macchie solari, si poteva leggere in modo ben preciso
e in ogni lingua del mondo “civilizzato”: “ULTIMO AVVISO”.
gp

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