lunedì 16 settembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 45]

Nella bella stagione, mentre ancora lavoro,
quando è tempo di quotidiano ristoro,
di solito preferisco da solo percorrere
la strada che costeggia il fiume, che è dove qualcuno va a correre.
È un percorso tranquillo, in mezzo (o quasi) alla natura,
che da fare quando è bello è goduria pura.
E serve anche a dimenticare per un poco il lavoro
che, l’avrete capito, io poco adoro.
Sul ritorno dalla tavola calda,
specialmente se il sole troppo riscalda,
mi piace fermarmi su di una panchina
che gode sempre di un’ombra freschina.
Lì di solito aspetto qualche minuto,
prima di rientrare in ufficio (un po’ combattuto).
Talvolta li passo a rimirare il panorama,
e il fiume che molti uccelli a pescare richiama.
Marroni le sue acque, dopo le piogge,
portando giù di tutto nelle acque selvagge.
Più calmo e azzurro nelle altre giornate,
quando anche i cormorani e le papere vedi farsi nuotate.
Sicuramente l’osservarlo è rilassante,
specie dopo una mattinata un po’ stressante.
Ed è il posto giusto, peraltro,
di scrivere nuove poesie; un verso dietro l’altro.
Altre volte, invece preferisco
leggere qualcosa, mentre sono lì al fresco.
Ma capita anche che, a mo’ di... barbone,
mi ci stenda sopra con una gamba penzolone.
E che mi conceda una piccola pennichella,
con i passanti che forse pensano mi serva una barella.
Ora purtroppo, che le giornate son più fresche,
rare diventan le occasioni di star sotto quelle verdi frasche.
Ma se per caso ancora il sole lo concede,
non mi faccio mancar di usare ancora quella sede.
gp

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