venerdì 27 settembre 2013

[(s)Concerto poetico n. 56]

Lo struzzo, la testa nella sabbia teneva.
“Esci fuori!”, qualcuno gli diceva.
“Ti stai perdendo tutto,”
“e non ti stai godendo la vita, oltretutto...”
L’animale pareva non sentire,
ma forse era solo che non voleva capire.
Continuando a mostrare il piumaggio della coda,
rimaneva in quella posizione scomoda,
per evitare che il mondo
potesse ferirlo nel profondo.
Passavano di lì delle struzze femmine,
ma alle sue stranezze avevano ormai fatto l’abitudine.
Per cui non lo cercavano più:
che se ne stesse pure a testa in giù.
Passavano di lì i suoi parenti,
una volta disperati e piangenti;
ma ora, sconsolati,
al suo comportamento rassegnati.
Trascorrevano gli anni, e il mondo cambiava,
ma sempre lui nella sabbia con la testa stava.
Un bel giorno un grillotalpa gli pizzicò il muso,
e lui fu costretto a fare qualcosa cui non era aduso.
Tirò di colpo fuori la capoccia,
mentre intanto proferì una parolaccia.
Ma quel che vide, con gli occhi ancora pieni di sabbia,
gli fece passare subito la rabbia.
Il sole era basso all’orizzonte, al tramonto,
e lui rimase a becco aperto, come un tonto.
Gli altri struzzi che giocavano e si rincorrevano,
di colpo si fermarono, perché non lo riconoscevano.
A lui piano piano si avvicinarono,
e per la prima volta da anni gli parlarono.
Lui scopri così che poteva avere tanti amici,
per proteggersi dal mondo e dai suoi nemici.
La testa sempre fuori da quel momento tenne,
e aperto ormai alla vita, beato si lisciava le sue penne.
gp

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